LEGNANO – Ed eccoci a dicembre. Il Santo Natale è ormai prossimo e le lancette dell’orologio corrono veloci: si comincia a entrare nel clima della festa più sentita e scintillante dell’anno.
Ovunque, in molte città, come ogni anno, si respira un’atmosfera gioiosa, caratterizzata da allegria e festosità, con alberi da addobbare, decori e luci colorate. Tutto questo ci riporta indietro negli anni, con occhi affascinati e un velo di deliziosa suspense, lasciando affiorare i ricordi e facendo sì che la gioia faccia rima con la tradizione, i riti, le piccole sorprese e la magia di sempre.
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Questo periodo, che mette allegria a tutti, oltre a essere un’occasione per stare insieme, passare più tempo a casa e festeggiare con pacchi regalo e nastri dorati, passando per i pranzi festivi e i cenoni con panettoni e pandori, magari accanto al caminetto acceso o alla stufetta in ghisa, racchiude però anche significati profondi: sentimenti, celebrazioni, senso religioso, tradizioni, usanze e tante storie, davvero tante storie, da raccontare.
Ecco, in questo articolo, attraverso le pagine che seguiranno, con l’avvicinarsi della festa più amata dell’anno e con un mix di colori, addobbi, luci colorate, stelle comete e mercatini con casette di legno (che dovrebbero richiamare un villaggio alpino), dove si aggira Babbo Natale, carico di regali, con il suo viso rubicondo, la barba bianca e la berretta rossa, ho desiderato offrire ai nostri lettori un percorso per “rispolverare”, in un viaggio nel tempo, alcune piccole storie tra verità e curiosità natalizie che riguardano uno dei simboli tradizionali: il presepe.
Storie, frammenti e memorie riunite in queste brevi pagine per “riscaldare” il calore domestico – di cui siamo stati privati durante la pandemia e l’emergenza sanitaria, ormai superate – e per riscoprire le festività natalizie vissute insieme in famiglia, con grandi e piccini accomunati dalla felicità, dalle tradizioni e dalle origini, dalle usanze e dall’importanza dell’immaginario natalizio, oggi come ieri, capace di suscitare in tutti brividi di nostalgia, emozioni, affetti, stupore e meraviglia.

Presepe lombardo anni ’50
Prima di partire per il nostro avventuroso racconto, è doveroso premettere che nei giorni precedenti al Natale, e precisamente l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione – festa mariana per eccellenza nel tempo di Avvento, che ricorda il dogma proclamato da papa Pio IX l’8 dicembre 1854 – si dà tradizionalmente avvio alle preparazioni natalizie.
Ed è proprio a partire da questa ricorrenza, ricca di risonanze bibliche e di senso religioso, che in uno spazio della casa si prepara l’albero di Natale (una tradizione anglosassone e tedesca che, non c’è motivo di negarlo, ha un suo fascino) e si fa poi posto a un ospite speciale: il presepe, con la scenografia della Natività e la stella cometa, la più grande gloria che potesse toccare a una stella, quella di illuminare il momento della nascita di Gesù Bambino.
Nella nostra ricerca è però necessario precisare che, nella tradizione ambrosiana, l’albero di Natale e il presepe si preparano il 7 dicembre, solennità dedicata al patrono di Milano, Sant’Ambrogio, mentre a Bari i preparativi avvengono il 6 dicembre, giorno della festa di San Nicola, patrono della città.
Premesso quanto sopra, tenteremo ora di illustrare, in una breve panoramica, la storia del presepe, contrassegnata da interessanti elementi storico-narrativi, suggestive “tele” bibliche e qualche curiosità, sempre affascinante.
Bisogna anzitutto andare indietro nel tempo, nel groviglio della storia.
La più antica rappresentazione della nascita di Gesù Cristo si trova in Italia, sulla via Salaria a Roma, all’interno delle catacombe di Priscilla. Si tratta di un bellissimo affresco, dipinto da un ignoto artista, unico nel suo genere, risalente al III secolo d.C., che rappresenta l’evento più importante della storia dell’umanità.

La Natività delle Catacombe di Priscilla
La prima notizia che abbiamo sul presepe – termine latino *praesepium*, che significa mangiatoia, greppia, ma anche recinto chiuso dove venivano custoditi ovini, caprini e bovini (dal composto *prae*, “innanzi”, e *saepes*, “recinto”) – risale al lontano 1223, quando nel borgo medievale di Greccio, piccolo paese dell’Umbria immerso tra boschi e selve, San Francesco d’Assisi, di ritorno dalla Terra Santa, inscenò in una grotta scavata nella roccia la sua rappresentazione natalizia. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione dal papa Onorio III, diede vita al primo presepe vivente della storia della liturgia cristiana.

San Francesco e il Presepe di Giotto – Assisi
Questa affascinante rappresentazione, “matrice di tutti i presepi” che seguirono, si sarebbe rinnovata nei secoli e diffusa fino ai confini del mondo, conservando intatto il suo profondo valore cristiano.
Da questa forza evocativa nacque, nel tempo, la tradizione dei presepi realizzati con statuine – in terracotta, legno o gesso – al posto dei personaggi viventi, dando forma a un piccolo mondo straordinario, capace di rendere comprensibile a tutti il mistero della nascita di Gesù Bambino, nella cornice di Betlemme, sotto un cielo stellato e nel silenzio della notte.
Proseguendo nella nostra ricerca, in questi giorni, in ogni città e provincia della Penisola, è possibile ammirare presepi di ogni tipo: meccanici, animati, semplici o sfarzosi, con giochi di luce, di grandi o piccole dimensioni, realizzati con i materiali più svariati.
Vi troviamo statuette di ogni genere: il fabbro, la contadina, il fornaio, la lavandaia, il pastore con le pecore, il bue e l’asinello; l’uomo che porta il sacco di zolfo nel profondo Sud della Sicilia, la ragazza che fa la polenta nelle regioni del Nord, fontane, ruscelli, antichi lavatoi, laghetti, ponti, montagne, pozzi, alberi, spesso immersi nella neve.
A questi si aggiungono, accanto alla Sacra Famiglia, i Re Magi con i loro doni, gli abiti preziosi, i copricapi orientali, i servi e i cammelli che seguono la stella cometa, la più bella e meravigliosa di tutte, che indicò con il suo fulgore il luogo di un evento destinato a cambiare la storia.
Non esistono regole fisse: ovunque si vada, in un piccolo paese o in una grande città, il presepe resta sempre protagonista del Natale.
Ogni presepe regala sorprese e racconta qualcosa di straordinario. Può seguire la tradizione più antica oppure assumere forme originali, talvolta bizzarre, come nelle celebri invenzioni napoletane, che spesso includono personaggi famosi del momento, politici, sportivi e celebrità.
Il presepe napoletano di San Gregorio Armeno, vicolo simbolo della tradizione partenopea, ogni anno si arricchisce di elementi nuovi e curiosi, tra cui statuine di calciatori e allenatori, che si affiancano alla scena della Natività. Questa usanza sembra risalire al 1987, quando Diego Armando Maradona guidò il Napoli alla conquista del suo primo scudetto.

Maradona in versione statuina
In ogni Paese, dunque, troviamo presepi artistici e popolari, opere libere e articolate che rappresentano la gioia della Natività nella notte santa di Betlemme, quando pastori, zampognari e Re Magi si piegano in adorazione davanti a Gesù Bambino, adagiato nella mangiatoia, tra il bue e l’asinello, silenziosi testimoni di fedeltà.
È interessante ricordare, infine, che nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano si trova un presepe storico chiamato “Il Presepe della Prigionia”, realizzato nel 1944 dai militari italiani prigionieri nel lager di Wietzendorf, in Germania. Creato con materiali di fortuna, fu un segno di conforto e di speranza nella gelida notte di Natale, per uomini lontani dalle famiglie e immersi nell’orrore della guerra.

Il Presepe della Prigionia – Sant’Ambrogio – Milano
In un’epoca segnata da cambiamenti rapidi, incertezze sociali, crisi economiche, guerre e paure globali, il Natale ci interpella ancora oggi. È un invito a riscoprire il senso della vita, della speranza e della pace: valori che non sono solo religiosi, ma profondamente umani.
Bibliografia di riferimento
- Cesare Biasini Selvaggi, “I segreti del Presepio”, Piemme, 2001.
- Luciano De Crescenzo, “Gesù è nato a Napoli. La mia storia del presepe, Mondadori, 2014.

A cura di Carmelo Calabrò

